Roma, 17 ago. (Adnkronos) - "La legge Calderoli può e deve essere criticata per molti aspetti, insieme alla narrazione che dell’Autonomia differenziata propone la Lega. Ma in sé è troppo poca cosa per giustificare un referendum abrogativo. Non si chiamano al voto 50 milioni di italiani per emendare una legge di procedura. Se si ricorre al referendum, è perché si vuole mettere in gioco una grande questione di orientamento politico generale, che in questo caso è la Costituzione stessa, come riformata da noi (noi centrosinistra) 24 anni fa, con l’avallo di un referendum popolare confermativo". Lo affermano in un intervento sul ’Corriere della Sera’ gli ex senatori del Pd Enrico Morando e Giorgio Tonini.
Il quesito, ricordano i due esponenti Dem , "in realtà è contro il principio costituzionale dell’Autonomia differenziata (articolo 116 terzo comma della Carta), se non dell’Autonomia tout court, come è organizzata nell’intero Titolo V della Costituzione. A dirlo, con esemplare chiarezza, in un’ampia intervista a ’Il Manifesto’, è lo stesso presidente del comitato promotore del referendum per l’abrogazione della legge Calderoli, Giovanni Maria Flick. È per queste ragioni che non abbiamo firmato la proposta di referendum abrogativo e riteniamo che il nostro partito, il Pd, sbagli a sostenerlo".
"Cambiare idea, un quarto di secolo dopo, è certamente legittimo. Del resto -sostengono ancora gli ex senatori del Pd- la Lega (e il centrodestra nel suo insieme), che allora si oppose al nuovo Titolo V, oggi lo ha fatto proprio. Semmai solleva qualche dubbio, anche sul piano costituzionale, l’uso del referendum per colpire non una legge ordinaria, ma un articolo, anzi un titolo intero della Costituzione. In caso di successo del referendum, la Costituzione stessa ne risulterebbe delegittimata, pur restando in vigore. Per riformare la riforma del 2000, se si vuole farlo, c’è la procedura stabilita dalla Carta stessa, all’articolo 138. Ma in questo caso, a nostro modesto giudizio, cambiare idea è anche sbagliato".
"Il Titolo V è certamente rivedibile e perfettibile. Soprattutto, andrebbe completato con la riforma del bicameralismo e la creazione di una vera Camera delle Regioni, come tentava di fare la riforma Renzi-Boschi. Ma non c’è nessuna ragione, a nostro avviso neppure di sostenibilità finanziaria (come dimostra il caso esemplare della sanità), per abbandonare la strada dell’Autonomia -concludono Morando e Tonini- in favore di una nuova stagione di centralismo".